di Andrea Doi
Dopo le prime stangate ai ceti sociali “medio” e “medio-bassi” inflitte dalla Giunta Appendino sui tributi comunali (in particolare l’abolizione delle agevolazioni delle tassa rifiuti) e su gabelle varie come permessi di sosta, diritti vari e suolo pubblico, arriva un altro colpo alle politiche sociali: la chiusura della residenza per anziani non autosufficienti Comunale Carlo Alberto di corso Casale 56 e la sua privatizzazione.
I fatti. Nel 2009, il Comune inizia ad aumentare il numero di posti letto per anziani o riqualificando strutture esistenti, o con nuove strutture. Approva pertanto un protocollo di intesa con le ASL per concordare che la gestione di strutture di “dimissione protetta” (ovvero anziani che lasciano l’ospedale e vengono seguiti in strutture dedicate).
Tra le strutture a tal fine dedicate vi è proprio il Carlo Alberto. Ora, a distanza di anni e in prossimità della scadenza di quegli accordi, l’ASL e il Comune cambiano i propri piani. L’ASL non diventerà proprietaria dell’edificio e il Comune fa cassa.
Come? Semplice, la Giunta Appendino trasforma la struttura pubblica in una concessione ai privati di durata trentennale, in accreditamento.
Ma ci sono alcuni aspetti della vicenda particolarmente interessanti:
-il privato aggiudicatario potrà convertire gli attuale posti letto in posti letto per anziani di diversa tipologia, magari più redditizi;
-il Comune non ritiene di dover apporre alla concessione particolari clausole relativo allo svolgimento del servizio;
-il criterio di aggiudicazione sarà quello della sola miglior offerta economica, senza altra valutazione in ordine al progetto assistenziale presentato. Cioè massimo rialzo.
Se qualcuno si stesse domandando il perché di questo liberismo sfrenato, la risposta è nelle ultime righe della delibera: “Per la concessione a privati trentennale della struttura sanitaria il Comune incasserà ANTICIPATAMENTE tutto il canone dei trent’anni, ovvero almeno 14 milioni di euro (base d’asta)”. (clicca qui per leggere la delibera)
Inutile specificare che incassando tale cifra tutta insieme essa finirà nel bilancio “una tantum” 2017 che la Appendino sta predisponendo, a suon di privatizzazioni e stangate.
Quella struttura, peraltro, è una ex-IPAB, ovvero un ente dei poveri e nata per essi. Sarà rispettata la norma sulla destinazione socio assistenziale dei redditi da essa derivanti? Tradotto: i 14 milioni andranno ai meno abbienti o nel calderone del bilancio? Scommettiamo, sommessamente, sulla seconda.
E così al lungo elenco di promesse non mantenute, si aggiunge il capitolo dei bisognosi e dell’assistenza. Anche qui la Appendino compie scelte che irreversibilmente porteranno i big della sanità privata a sbarcare in città, contribuendo ad un ulteriore arretramento delle strutture pubbliche.
Dove è finita l’attenzione per la città delle “code dei poveri”?
Ora è chiaro: slogan da campagna elettorale.